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Sentenza Cassazione (729): Sull’ammissione del contravventore al pagamento della sanzione ridotta ex D. Lgs. n. 7581994 - penale Sezione III n. 8617 del 15 marzo 2022.

Cassazione Penale Sezione III - Sentenza n. 8617 del 15 marzo 2022 (u.p. 17 febbraio 2022) - Pres. Rosi – Est. Scarcella – PM Cuomo - Ric. A.. 

Ai fini dell'estinzione delle contravvenzioni in materia di sicurezza sul lavoro non è richiesta una notifica formale al contravventore dell’ammissione al pagamento della sanzione ridotta ma è sufficiente che questi ne sia venuto comunque a conoscenza

    
Analisi e commento

     A più di ventisette dalla sua entrata in vigore il D. Lgs. 19/12/1994 n. 758, contenente le modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro tiene ancora banco ed è tuttora oggetto di precisazioni e di chiarimenti sulla sua applicazione da parte della Corte di Cassazione che spesso è anche intervenuta ad annullare sentenze emanate dai Tribunali in quanto risultate non conformi alle disposizioni impartite dallo stesso decreto legislativo. Ai fini dell'estinzione delle contravvenzioni in materia di sicurezza ed igiene del lavoro, ha ricordato questa volta la suprema Corte, il legislatore non ha prescritto che il verbale di ammissione al pagamento della sanzione amministrativa debba essere formalmente notificato al contravventore, per cui è sufficiente qualsiasi modalità idonea a comunicare il contenuto dell'atto, rimanendo a carico del destinatario l'onere di dimostrare di essersi trovato, senza sua colpa, nella impossibilità di acquisirne la conoscenza.
     E’ la motivazione questa con cui la Corte di Cassazione ha dichiarato in questo caso inammissibile il ricorso presentato da una datrice di lavoro che ha chiesto l’annullamento di una condanna inflittale dal Tribunale sostenendo che non fossero state adottate le procedure di estinzione previste dalle disposizioni di cui al D. Lgs. n. 758/1994 il rispetto delle quali costituisce una condizione essenziale di procedibilità dell’azione penale.
     Secondo la Corte però non si è verificata nel caso in esame alcuna irregolarità procedurale in quanto è stata la stessa ricorrente a dare atto che il verbale contenente le prescrizioni da adempiere ex art. 24 del D. Lgs. n. 758/1994, era stato consegnato a un suo socio presente al momento dell'accertamento; ciò che la stessa ha contestato, quindi, non è stata la mancata conoscenza del verbale di accertamento quanto, piuttosto, la mancata regolarità della procedura secondo la quale la notifica del predetto verbale doveva essere fatta a lei, quale amministratore unico della società.

     Il caso, il ricorso per cassazione e le motivazioni.

     Il Tribunale ha dichiarata l’amministratrice unica di una società colpevole dei reati in materia di prevenzione infortuni oggetto di contestazione e, con il concorso di attenuanti generiche e riconosciuta la continuazione tra gli stessi, l’ha condannata alla pena di 5000 euro di ammenda. Avverso la sentenza, la ricorrente ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del difensore di fiducia, articolandolo con due motivi.
     Con un primo motivo la difesa ha evidenziato un vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena nonostante ne ricorressero i presupposti sia oggettivi, trattandosi di condanna alla pena dell'ammenda di 5000 euro e quindi al di sotto del limite per il riconoscimento del beneficio stesso, che soggettivi, in quanto la gravità dei reati commessi, la capacità a delinquere unitamente all'incensuratezza dell’imputata costituivano elementi da cui desumere un giudizio prognostico positivo. Tale beneficio, peraltro, era stato richiesto dalla difesa nel corso di un'udienza e il giudice l’aveva negato senza indicare la motivazione.
     Con un secondo motivo, la difesa ha messo in evidenza una violazione di legge in rela¬zione all'art. 24 del D. Lgs. n. 758/1994 sostenendo, in sintesi, che il giudice avrebbe dovuto assolvere la ricorrente in quanto non sarebbe stata correttamente esperita la procedura di definizione prevista dall'art. 24 dello stesso decreto che è una condizione di procedibilità dell'azione penale. Ha osservato, ancora, sul punto che l'imputata, all'atto del controllo, non era presente e che il verbale contenente le prescrizioni era stato consegnato a un socio; tale verbale invece, secondo la prospettazione difensiva, avrebbe dovuto essere notificato alla ricorrente. In atti invece, mancherebbe la prova della notifica, con la conseguente irregolarità della procedura di definizione e l’impedimento all'imputata di accedere all’estinzione del reato in via amministrativa.
     Con riferimento al mancato riconoscimento della sospensione condizionale della pena pecuniaria, che era stata richiesta dall’imputata nel corso del giudizio come poteva evincersi dalle conclusioni formulate dal difensore, il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione ha chiesto l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata non essendosi il giudice d’appello pronunciato sulla richiesta di concessione del beneficio stesso e non potendo la Corte di Cassazione operare una valutazione su questioni di merito.

     Le decisioni in diritto della Corte di Cassazione.

     Il ricorso è stato ritenuto fondato dalla Corte di Cassazione in relazione al primo motivo. Invero ha sostenuto la stessa, la ricorrente, nelle conclusioni prese a seguito della chiusura dell'istruttoria dibattimentale, aveva chiesta l'assoluzione o, in subordine il minimo della pena ed i benefici di legge, con concessione delle circostanze attenuanti ge¬neriche. la richiesta dei "benefici di legge", secondo un remoto orientamento già espresso dalla giurisprudenza di legittimità, vale, nella prassi, ad indicare univocamente la concessione della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nel certificato del casellario giu¬diziale. Nel caso in esame, il giudice, nonostante l'espressa istanza di parte, e risultando peraltro dal certificato del casellario giudiziale l'assenza di precedenti, non ha affrontato la questione, incorrendo nel vizio di motivazione denunciato.
     La valutazione del beneficio della sospensione condizionale della pena, ha così proseguito la suprema Corte, implica nel caso in esame l'esercizio di un potere cognitivo di merito che esula dall'ambito delle competenze della stessa Corte per cui la sentenza impugnata è stata annullata con rinvio al Tribunale di provenienza, in diversa composizione, per un nuovo giudizio sul punto.
     Il secondo motivo è stato invece ritenuto manifestamente infondato ed invero, nessuna irregolarità procedurale risulta essersi verificata nel caso in esame. La stessa ricorrente, infatti, ha dato atto che il verbale contenente le prescrizioni da adempiere ex art. 24 del D. Lgs. n. 758 del 1994, era stato consegnato al socio, presente all'accertamento. Ciò che ha contestato la ricorrente, ha precisato la Sezione III, non è stata quindi la mancata conoscenza del verbale di accertamento, quanto, piuttosto, la mancata regolarità della procedura, che avrebbe imposto la notifica alla stessa del predetto verbale, quale amministratore unico della società.
     Una tesi quella sopraindicata priva di pregio, secondo la suprema Corte, avendo la stessa indicato già in precedenti occasioni che “ai fini dell'estinzione delle contravvenzioni in materia di sicurezza ed igiene del lavoro il legislatore non ha prescritto che il verbale di ammissione al pagamento della sanzione amministrativa sia formalmente notificato al contravventore, per cui è sufficiente qualsiasi modalità idonea a comunicare il contenuto dell'atto”, rimanendo a carico del destinatario l'onere di dimostrare di essersi trovato, senza sua colpa, nella impossibilità di acquisirne la conoscenza. Quanto affermato dalla ricorrente nel ricorso, invece, ha escluso che la stessa non abbia avuto conoscenza del verbale, con conseguente inammissibilità del motivo.

     Leggi il testo della sentenza

 
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