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Infortunio sul lavoro: quando l'accortezza non basta

     Un lavoratore in un cantiere edile era intento ad operare su di un ponteggio il cui intavolato era sprovvisto di parapetto e tavola fermapiede, a protezione contro la caduta verso il vuoto, sia dalla parte di prospetto del ponteggio che da quella che si affacciava alla sagoma dell'edificio in ristrutturazione. 
     E' noto che nella dinamica di un infortunio, la cui genesi è legata il più delle volte alla presenza di una fonte di pericolo, si individuano in genere una fase di captazione, una fase di valutazione del pericolo ed una fase di reazione da parte del lavoratore che il più delle volte gli consente di allontanarsi dal punto di pericolo e quindi di evitare l'infortunio. Il rischio non captabile è il più subdolo in quanto espone il lavoratore senza che lo stesso se ne accorga (corrente elettrica, scoppio di un serbatoio, radiazioni, ultrasuoni) e la valutazione di un rischio può essere condizionata da disturbo, stanchezza, eccessiva sicurezza o distrazione che possono portare ad una errata valutazione o a una sottovalutazione del rischio stesso. Importante è la reazione del lavoratore in quanto gli consente di allontanarsi dalla fonte di pericolo e rimanere indenne. Essa può comunque dipendere dalle sue condizioni fisiche ed essere a volte lenta, insufficiente o anche solo limitata nello spazio. 
     Ebbene il lavoratore citato, che sull'impalcato stava perdendo l'equilibrio, ha avvertita la condizione di pericolo di caduta nel vuoto (fase di captazione), ha ben valutato il rischio che stava correndo (fase di valutazione) ma purtroppo avendo per reazione fatto alcuni passi indietro sull'intavolato per evitare di precipitare (fase di reazione) è caduto dall'altra parte del ponteggio, che non era regolarmente accostato al fabbricato, rimanendo ugualmente infortunato. 
     Quando l'accortezza non basta e prevale la sfortuna.

 
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