L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, in una nota indirizzata agli Ispettorati interregionali e territoriali del lavoro e per conoscenza al Comando Carabinieri per la tutela del lavoro, all’INPS e all’INAIL, ha fornito ai dirigenti della propria amministrazione dei chiarimenti in merito agli adempimenti datoriali sulla valutazione del rischio riconducibile all’emergenza coronavirus e sulla redazione del relativo Documento di Valutazione del Rischio (DVR).
Premesso che la questione è di evidente importanza e delicatezza operativa, proprio in quanto ci troviamo di fronte ad una emergenza da ascriversi nell'ambito del rischio biologico inteso nel senso più ampio del termine e che ha investito l'intera popolazione indipendentemente dalla specificità del "rischio lavorativo proprio" di ciascuna attività, l’INL, con riferimento agli obblighi di cui al D. Lgs. n. 81/2008 e s.m.i., ha evidenziato che per il rispetto degli stessi si pongono orientamenti applicativi differenziati fra i casi in cui l'agente biologico, che origina il rischio, non sia riconducibile all'attività del datore di lavoro ma si concretizzi in una situazione esterna che pur si può riverberare sui propri lavoratori all'interno dell'ambiente di lavoro per effetto delle dinamiche esterne non controllabili dal datore di lavoro.
In tali casi il datore di lavoro non sarebbe tenuto in realtà al rispetto di tali obblighi in quanto trattasi di un rischio non riconducibile all'attività e ai cicli di lavorazione e, quindi, non rientranti nella concreta possibilità di valutarne con piena consapevolezza tutti gli aspetti gestionali del rischio, in termini di eliminazione alla fonte o riduzione dello stesso, mediante l'attuazione delle più opportune e ragionevoli misure di prevenzione tecniche organizzative e procedurali tecnicamente attuabili.
I datori di lavoro vengono comunque coinvolti sotto l’aspetto delle esigenze di tutela della salute pubblica e pertanto non sembrerebbe giustificato l’aggiornamento del DVR in relazione al rischio associato all’infezione a meno che non ci si trovi nel caso degli ambienti di lavoro sanitario o socio-sanitario o qualora il rischio biologico sia un rischio di natura professionale già presente nel contesto dell’azienda.
Tuttavia, ispirandosi ai principi contenuti nel D. Lgs. n. 81/2008 e di massima precauzione, discendenti anche dal precetto contenuto nell’art. 2087 c.c., l’INL, per esigenze di natura organizzativa/gestionale, ha ritenuto utile redigere, in collaborazione con il Servizio di Prevenzione e Protezione e con il Medico Competente, un piano di intervento o una procedura per un approccio graduale nell’individuazione e nell’attuazione delle misure di prevenzione, basati sul contesto aziendale, sul profilo del lavoratore o soggetto a questi equiparato, assicurando al personale anche adeguati DPI.
In tale ottica, il margine di valutazione e determinazione dei datori di lavoro dell’Amministrazione, appare evidentemente limitato all’attuazione attenta e responsabile delle misure che le Autorità competenti hanno chiesto di adottare, assicurando che tutto il personale vi si attenga, regolamentando le attività svolte in una prospettiva di sano ed attivo coinvolgimento consapevole del personale medesimo, all’interno e all’esterno degli Uffici, in una logica di accompagnamento alle indicazioni nazionali.
Per la tracciabilità delle azioni così messe in campo, così conclude la nota, è opportuno che dette misure, pur non originando dalla classica valutazione del rischio tipica del datore di lavoro, vengano raccolte per costituire un’appendice dei DVR a dimostrazione di avere agito al meglio, anche al di là dei precetti specifici del D. Lgs. n. 81/2008.
La nota dell’INL